Faccio una breve sintesi. Mentre nei racconti della vita di Gesù, tutti i Vangeli sono abbastanza concordi – e anche Giovanni si riesce in qualche modo a concordare con gli altri – nella risurrezione i Vangeli sono molto diversi tra di loro, nei racconti. Come a dire proprio che ognuno deve fare una esperienza di resurrezione.

Però questa diversità è data anche dall’ottica diversa che hanno i vari Vangeli. Abbiamo visto che il Vangelo di Marco ha l’ottica fondamentale della fede che è appunto quella di credere alla parola e allora il Vangelo termina tronco, senza i racconti di risurrezione. E nel finale, l’angelo dalla tomba tirimanda all’inizio e dice: adesso leggi il Vangelo sapendo che dietro la Parola c’è la potenza del Signore risorto che opera quel che dice. E allora sperimenti il fondamento della fede che è la potenza di Dio che nella sua Parola è presente, dona vita e Spirito. Poi Matteo, che suppone questo, evidentemente, se no non sarebbe cristiano, tiene presente in modo particolare l’aspetto comunitario. Il Signore risorto lo incontri nel tuo rapporto coi

fratelli: diventando fratello, tu diventi figlio, risorgi e nasci a vita nuova. Quindi l’aspetto del Vangelo in Matteo è soprattutto comunitario, dove, nel perdono e nella comunità c’è l’esperienza di risurrezione. Il passaggio dalla morte alla vita è amare i fratelli. Luca, a sua volta, che è molto preoccupato di tutto il mondo, non solo della comunità cristiana lo sono anche gli altri Vangeli, ma lui in modo particolare, allora fa incontrare il Risorto proprio nella missione verso i fratelli. Tu, diventando fratello, andando verso

l’ultimo degli uomini, incontri Dio che si è fatto ultimo di tutti. E Giovanni ha una sua ottica, che evidentemente abbraccia tutte queste e vedremo l’inizio questa sera. E l’ottica particolare di Giovanni è che lui sa di essere l’ultimo testimone oculare della risurrezione. Era il più giovane tra gli Apostoli, probabilmente, è vissuto molto a lungo, sa che tutti gli altri sono scomparsi e allora elabora particolarmente il passaggio dalla fede di chi ha visto a chi, senza averlo visto, crede alla sua parola. Quindi elabora molto questo tipo di esperienza, cioè vuole passare dall’esperienza dei primi alla nostra, che incontriamo nella parola. Quindi come teologia, per sé. È molto simile a Marco. E in concreto, abbiamo due capitoli sulla resurrezione. Quindi è il Vangelo più lungo sulla resurrezione. Il primo capitolo è della

stessa penna dell’autore del Vangelo e narra vari incontri e il capitolo 21 è del redattore che racconta – come Luca fa con gli Atti degli Apostoli dopo il Vangelo, per mostrare come gli Apostoli fanno

e dicono ciò che Gesù ha fatto e detto nella sua vita – come gli Apostoli in missione facciano come Cristo.

Ci fermeremo prima sul capitolo 20. Il capitolo 20 ci presenta due esperienze personali di resurrezione: la prima quella di Giovanni che crede senza aver visto, poi quella della Maddalena che abbraccia il Signore. Poi ci si presentano due esperienze comunitarie: quella dei discepoli riuniti nel cenacolo la stessa sera di Pasqua e un’altra ancora dove ci sono tutti i discepoli, più Tommaso che non c’era. E il racconto di Tommaso serve per passare a noi che non c’eravamo allora e per mostrare appunto come la stessa esperienza che hanno fatto i primi, la facciamo anche noi. Detto questo un’altra cosa poi leggiamo il testo.

Oltre le differenze nei Vangeli, ci sono elementi comuni, costanti: il primo sul quale oggi ci fermeremo particolarmente è che il sepolcro è vuoto. Si può andare ancora oggi al Santo sepolcro, cosa vediamo? Niente! Perché se si vedesse ancora qualcosa vorrebbe dire che non c’è stata Resurrezione. Quindi il problema di un’assenza, l’unica assenza indebita, perché sappiamo che si nasce per caso, si vive non

si sa come e non si sa quanto, si è sicuri che si torna al sepolcro e lì si rimane. E Lui non è lì. Quindi il sepolcro vuoto infrange l’unica certezza che ha l’uomo, l’unico ricordo. La parola ricordo e sepolcro, in greco è la stessa, e anche morte ha la stessa radice. Praticamente è infranta la memoria di morte che ha l’uomo. Ci fermeremo su questo. E poi dopo si rileverà nel testo che vediamo l’altro aspetto del

discepolo amato, cioè come si fa a fare l’esperienza della risurrezione: non basta che il sepolcro sia vuoto – è necessario, se no, non è vera la risurrezione – ma come faccio a incontrare il Risorto? E allora c’è il cammino per incontrarlo. E, tra l’altro, il segno dell’incontro col Risorto, è una cosa semplicissima. Già abbiamo detto cosa pensava Nietsche: “non è vero che Cristo è risorto, se no i cristiani avrebbero un’altra faccia”. Cioè l’incontro con il Risorto vuol dire risorgere. Se t’incontri con la luce, hai luce; se t’incontri col fuoco, bruci; se t’incontri con l’acqua sei bagnato perlomeno! Così l’incontro col Risorto ti fa risorgere alla

sua vita, cioè è il dono dello Spirito. Quindi il vero problema non è tanto se Cristo è risorto – è chiaro che deve essere risorto, se no è vero nulla! – ma l’esperienza e l’incontro che tu fai con Lui attraverso la sua Parola. Ed è quanto appunto l’evangelista vuole fare compiere anche a noi come esperienza.

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